Biografia di Massimo Salvatorelli

Sono nato diversi anni fa (cominciano ad essere troppi) a Roma, dove ancora vivo e lavoro.
Ho la fortuna di avere una moglie meravigliosa, professore universitario in materie scientifiche per me totalmente astruse: il che evita la concorrenza e aiuta la convivenza. Lei è la mia prima lettrice e la mia critica più feroce; è grazie a lei che quello che scrivo fruisce di poderosi tagli (tutti fonti di litigi interminabili), che almeno in qualche misura permettono ad un romanzo di non sembrare un atto giudiziario.
Abbiamo due deliziosi bimbetti (il grande sfiora il metro e ottantasei ed è cintura marrone di karate, la piccola è un mago del computer, ha appena superato la fase-dark e guida come Nuvolari), graniticamente concordi nel fingere di ignorare la doppia vita (professio-nale, intendiamoci) del padre.
Poi c’è Alice, gatta nera dagli occhi verdi (particolare che accomuna tutta la famiglia escluso l’autore), convinta, probabilmente a ragione, di essere la vera padrona di casa.
Sono sempre stato estremamente dispersivo (oggi si dice: “pieno di interessi”), e ho tentato di fare mille cose diverse. Ho recitato, cantato, suonato in una rockband, pensato via via di diventare scacchista professionista, storico, giornalista. A un certo punto ho deciso di mettere la testa a posto e, tornando alla passione infantile di quando guardavo Raymond Burr che faceva Perry Mason (fate caso al nome, please), mi sono messo a fare l'avvocato; cosa che, sorprendentemente, non mi dispiace fare e mi riesce decorosamente.
Il mio lato vagamente anarcoide emerge comunque nel tempo libero, che dedico alle mie passioni: i viaggi, la montagna, la lettura, ma prima di tutto la musica. Durante l’esperienza da rocker, con tanto di capelli lunghissimi dei quali per fortuna non risulta nessuna testimonanza fotografica, avevo iniziato a studiare chitarra classica, poi sono entrato in un coro polifonico “serio” (avevo diciassette anni, e tutti guardavano con un pizzico di preoccupazione il clone di George Harrison che cantava madrigali di Monteverdi): un’esperienza splendida che ancora continua, nel corso della quale ho conosciuto quasi tutti gli amici veri, quelli che durano per la vita, moglie inclusa.
Ho la pericolosa abitudine, di quando in quando, di finire in ospedale per le patologie più varie. In seguito ad una convalescenza un po’ più lunga e più noiosa del solito, qualcuno mi ha suggerito di mettermi a scrivere qualcosa. Mi ci sono tanto divertito che non ho smesso più. Così è nato l’avvocato impacciato, un po’ sovrappeso e piuttosto caustico che conoscete con il nome di Max Perri. Ogni riferimento alla vita dell’autore, vi assicuro, è assolutamente casuale.

Biografia di Max Perri

Max (Massimiliano) Perri nasce nel Sessantotto, forse un segno premonitore del suo spirito discretamente anticonformista e piuttosto disincantato.
Il padre, Ferdinando, è avvocato; la madre (nota come “la Signora”) sembra sia sempre stata casalinga (considerata la generazione la cosa non deve stupire); e c’è una sorella di poco più grande, Alessandra, medico. Ale, com’è chiamata in famiglia, oltre ad essere l’unica esponente di casa Perri con un po’ di sale in zucca, ha la responsabilità di avere iniziato Max alla musica, anche se coltiva una passione per il blues che lui, pur musicalmente onnivoro, non sembra condividere.
Alessandra è sposata con Moreno, un individuo che Max, quando è di buon umore, definisce affettuosamente “addormentato” e stima pochissimo (anche perché grande appassionato di calcio, ma tifoso della Juve, mentre Max è un accesissimo fan giallorosso). Tra una partita e l’altra in tv Moreno ha comunque trovato il tempo di collaborare con Alessandra per confezionare due terribili figli adolescenti, Marco e Matteo, gemelli quasi identici sempre impegnati ad elaborare nuovi sistemi leciti e illeciti per studiare il meno possibile.
Il padre di Max muore alla sua scrivania in circostanze mai del tutto chiarite, mentre il diciottenne Max cerca di sottrarsi ad un ineluttabile destino nella professione forense e, presa la maturità al liceo Giulio Cesare di Roma, finge di studiare inglese e di cercare un lavoro nel mondo della celluloide della mecca losangelina, correndo appresso a qualche ragazza del posto (attività che Max persegue con una certa regolarità e con risultati decisamente alterni). Dopo la morte del padre pare di capire che la famiglia Perri non se la passi troppo bene. Il padre ha lasciato dei debiti, Alessandra lavora sodo per permettere a Max, finalmente, di seguire gli studi di giurisprudenza e prendere le redini dello studio lasciato dal padre. Nel quale lavora tuttora la vecchia segretaria di Ferdinando Perri, Angela, che per Max ha un affetto materno anche se è convinta che sia sempre l’adolescente che ha visto crescere nello studio dalle parti di piazza Cavour. Allo studio Perri si alternano nel tempo vari praticanti o colleghi più giovani che tentano di far lavorare il loro datore di lavoro distogliendolo dai suoi reali interessi; è forse per questo che Max ha con questa schiera di personaggi un rapporto di amore-odio.
Max ha una grande passione per la musica, che coltiva sia cantando in un coro diretto dal famoso e un po’ folle maestro Gaspard, sia alimentando con i suoi scarsi introiti una strepitosa collezione di dischi, sia in CD che in vinile.
E’ sempre alla ricerca (con alterne fortune) di una compagna per la vita e di trovare un modo di mangiare cioccolato fondente e bere birra senza ingrassare (cosa che purtroppo non gli riesce gran che).
Pigro di natura, forse perché da ragazzo ha dovuto sgobbare parecchio per farsi strada, tende a fare il minimo possibile; ma ogni tanto mostra uno spirito d’iniziativa ed un acume del quale non manca mai di stupirsi.